• In copertina: Sicilia. Fotografia dell'autore.

    L'Alfiere dei Sogni

    2005

    Poesie di Claudio Rampin
    Edizioni EventualMente (Settembre 2005)
    Collana "Orchidea"
    Dimensioni cm 12x19, 64 pagine
    Prefazione di Adalgisa Biondi
    ISBN 88-901047-8-3
    ISSN 1724 - 5257
    Prezzo € 5 IVA compresa

    Opere

    Prefazione completa

    Nella nostra ancor breve ma significativa esperienza giornalistico-culturale, abbiamo avuto modo di appurare, (e di toccare praticamente con mano), ciò che i professori del liceo ci avevano insegnato, in una scuola anacronistica e raramente al passo coi tempi, a proposito dell’esperienza poetica moderna. La poesia post-illuminismo e post-romanticismo, moderna indubbiamente, scevra palesemente degli ultimi fiati del medioevo, e proiettata verso una fase di progresso per la civiltà umana, e la conseguente creazione dei versi, si snodano attraverso quattro vertici fondamentali.
    Gli esempi sono classici paradigmi scolastici: il “Leopardi”, per il quale poesia è introspezione psicologica e nostalgica, è amore mai consumato, rappresentazione del desiderio inappagato dell’essere umano; il “Foscolo”, per il quale poesia è lotta per il cambiamento, energia vitale, è istigazione a vivere sull’esempio delle glorie del passato; il “Manzoni”, per il quale poesia è analisi della realtà, è sobrietà cristiana resa con eleganza di stile e di linguaggio; il “D’Annunzio”, per il quale poesia è soprattutto ricerca della parola ed estetismo.
    Poi le cose sono cambiate. E queste cose le abbiamo prese da autodidatti. È cambiata profondamente la storia. La “grande guerra” ha spazzato via tutto il resto. Anche per dare un senso a ciò che stava succedendo, sono sopraggiunti la psicoanalisi, la matematica superiore, il progresso scientifico e tecnologico, la filosofia logocentrica, la sociologia luhmaniamente intensa, e il soggetto del post-moderno, conscio della propria finitudine e sopraffatto dai venti della globalizzazione, ha decretato la fine della storia. Un cinquantennio di vita ha ramazzato via tutte le certezze che duemila anni di storia avevano costruito. E tutti i tasselli dell’esperienza umana si sono miscelati, per formare un mosaico in continua mobilità, che ancor oggi non interpretiamo sfuggendoci chiave di lettura e codice di comprensione.
    Così anche in poesia. È praticamente “impossibile” codificare la poesia del post- moderno, avvicinandola o rassomigliandola ad una delle esperienze poetiche che costruivano le nostre convinzioni letterarie. Le leggi della relatività e l’odierno nichilismo ci insegnano che oggi il tutto è niente, e dal niente si può svilupparsi il tutto. I telegiornali e i quotidiani, se letti con intelligenza ed al di là del testo circostanziale, ci danno continuamente prova di tutto ciò. La letteratura corrente è continua evoluzione e ricerca di qualcosa di nuovo. Questi caratteri della post-modernità, le ambiguità e i dubbi del dogmatico futuro, ma anche le emozioni, oggi fortunatamente rivelate “a pelle”, riscontriamo nella silloge poetica di Claudio Rampin dal titolo “L’alfiere dei sogni”. Silloge che a prima lettura ci dà il senso di arte che rivolti eticamente lo stato di cose attuali, e heideggeriamente ispirata, come ricerca interiore e continua domanda sulla condizione di miseria dell’umanità.
    Il florilegio si staglia attraverso quattro fasi che poi sono quattro diverse chiavi di lettura: “Attese”, dedicata ai disabili, e quindi a sfondo manifestamente sociale; “Sintomi d’amore”, dedicata ai malati d’amore, intendendo la “malattia d’amore” la suprema patologia dei giorni nostri; “Intrecci dell’animo”, dedicata ai “nodi morbosi che strangolano e bloccano il respiro del lieto vivere”, rasentando nel dubbio che ci trafigge l’ignoto verso il quale viaggiamo; e “Dedicato 2”, fase interamente dedicata alle donne come piacevoli accostamenti ai sentimenti. È uno snodo, quello della poesia di Claudio Rampin, che si affranca attraverso quattro pensieri dominanti, ciascuno dei quali di per sé potrebbe andare a costituire argomento di una raccolta indipendente e soggetto di dissertazioni poetiche. Ecco perché ci siamo trovati di fronte alla scelta: scegliere quattro diverse liriche come quattro modi di essere che rappresentassero l’archetipo, il principio ispiratore di tutto ciò che il poeta Rampin ha voluto intendere nei suoi versi e fra i suoi silenzi. Pratica che non occorrerà di certo al lettore, che potrà gustarsi, in un melodioso crescendo di bassi e di toni alti, lo scorrere delle liriche che si chiude con il più elevato degli argomenti: le donne.
    Nella sezione prima, intitolata dall’autore “Attese” e dedicata ai disabili, o megli, ai problemi irrisolti dei disabili, il poeta scrive nella lirica “Quando… 06” “Estasiato vivrò di te/ ogni prezioso spazio temporale/ che mi sarà concesso,/ anche quando non potrò/ esserti accanto, …ma ci sarai/ ovunque Ti porti nel mio vivere!!!”. Il canto dell’esistenza – non esistenza e dell’abbandono non per propria volontà è il filo rosso della sezione che inaugura il volume, nella quale tra una poesia a sfondo sociale, una poesia a carattere nazional-popolare, e una metaforica, viene sempre alla luce la tristezza per l’abbandono, e quando questo è provocato da leggi di natura, (la morte di Vittorio Gassmann), e quando questo è cagionato da fatti esterni, (la tragedia di Ustica).
    Quasi che il poeta abbia voluto cominciare con i temi della morte, per terminare celebrando la vita, feconda figlia del ventre delle donne e da queste prodotta.
    La seconda sezione, “sintomi d’amore”, il cui sottotitolo recita “ai malati d’amor, perché è… d’amore che vanno curati”, si apre con la lirica “Spirito d’amore”, perfetto messaggio d’amore, per come l’amore viene vissuto tra le giovani generazioni, senza infingimenti o orgogli stupidi. Questo tema centrale si accresce per tutta la fase poetica come un’eco che tra i versi trovi la propria linfa vitale per gridare sempre più forte. L’amore è indubbiamente il migliore degli argomenti in poesia, perché è il valore principale della vita. E la poesia è vita espressa nel modo più nobile che siamo dotati. Nella poesia “Duemila modi d’amarti” lo scrittore pensa a tutto ciò che vorrebbero essere per completare la simbiosi con la propria amata, e tra le varie supposizioni si rende conto che senza di lei non saprebbe davvero cosa essere. Bellissimo, nella sua crudele verità, il verso “…Un egoista, per averti solo ed/ esclusivamente per me”.
    La sezione terza, intitolata “Intrecci dell’animo”, ci conduce a riflettere sul dubbio che ci attanaglia le strade della nostra esistenza. Il dubbio innanzitutto di quello che noi siamo e del nostro essere su questo mondo, il dubbio del nostro passato, del quale molto spesso non riusciamo ad interpretare eventi ed incontri, il dubbio dell’amore, non sempre ricambiato per come noi desidereremmo, e il dubbio, alla fine, del dare un senso a tutto ciò che ci circonda. Paradigmatici dell’intera sezione ci appaiono i primi cinque versi della poesia “Fuga verso l’ignoto”, che si apre in questa dimensione: “Passo e ripasso/ in un letto di guazzabugli/ e non trovo strade/ a condurmi altrove…/ nella fuga verso l’ignoto”.
    L’ignoto, una strada che percorriamo tutti, ma che tutti facciamo finta di non percorrere, per dimostrarci agli altri sicuri di noi stessi e vincenti, mentre il nostro essere + caducità, accorgendoci nella fase terminale di questa vita terrena, che le cose che anno avuto un senso sono state davvero poche. La quarta ed ultima sezione, dal titolo “Dedicato 2”, è interamente dedicata alle donne. A piè di pagina di ogni poesia si leggono tanti nomi, Carla, Loredana, Gerarda, Enrica, Daniela, Antonella. Tanti nomi di donna rivelatrici di tante storie, e per ogni donna e per ogni storia il poeta ha un pensiero diverso. Si tratta di pensieri di vita e di morte, di gioia e di solitudine, per un universo femminile da poco interamente scoperto, e quindi, fondamentalmente, ancora tutto quanto da celebrare.
    Dietro ogni nome c’è una donna, e dietro ogni donna c’è una storia, e ogni donna ha una storia diversa, perché ogni “sirena” vive la vita, l’amore, l’esistenza, in modo proprio ed assolutamente incomparabile con “l’altro”.
    Particolarmente a cuore ci stanno i versi della lirica “A Maria Grazia Cutuli”, donna e giornalista coraggiosa, uccisa barbaramente per aver voluto credere nella missione della sua professione.
    Le guerre in Afghanistan e in Iraq ci stanno insegnando la forza delle donne. Quanto le donne riescano ancora a credere in mondo che non né da motivo. Questo ci dovrebbe far riflettere sugli stereotipi che da sempre hanno attanagliato il mondo muliebre, privandolo nei secoli di quella linfa e di quella vitalità che oggi sono venute allo scoperto, talvolta, ahimé, in modo tragico.
    “Eri in prima linea/ con coraggio puro/ come la piccola vedetta/ sfidando il pericolo/ sfidando la propria vita/ per chi non capirà mai/ il tuo atto di sfida”.
    Queste parole ci sembrano associabili a tutte le donne, perché tutte le donne, nel loro mondo, compiono quotidianamente una sfida contro chi le vorrebbe solamente “oggetto del desiderio”.
    La silloge è arricchita, nella sua parte iniziale, da un introduzione dell’autore stesso, che ci pare una promessa molto appropriata. Oggi si sa che, in ultima analisi, soltanto gli stessi autori sanno rendere la giusta chiave di lettura per approfondire la comprensione delle proprie opere e della propria interiorità. E dopo l’intera dissertazione, Claudio Rampin conclude con poche semplificate parole; “così le parole non saranno più soltanto mie, grazie”.
    A parte il tenerissimo ringraziamento, degno certamente del gentile animo di un poeta “non a caso”, ci sembra che il Rampin sia riuscito nel suo intento. Le parole sono davvero diventate le parole di tutti, perché è questo il segreto della poesia: parlare anche per chi non ha voce, (o soprattutto per chi non ha voce!). e Claudio Rampin lo ha fatto, ha pensato, ha parlato, ha sofferto anche per tutti noi, in una silloge che partendo dal sociale e approdando al personale dà esiti di eccellente poetica.
     

    Adalgisa Biondi

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